20 ottobre 2010

Gesù l'Anunnako, parte 1

ATTENZIONE: La Redazione di Anunnakitranoi, che cura la gestione del presente blog, potrebbe non condividere l'articolo in questione. Tale articolo, tratto da Area di Confine, viene riportato per dovere di cronaca e di informazione. Ci scusiamo con chiunque possa trovarlo offensivo.

di Pietro Albanese e Roberto Boncristiano

Tratto da Area di Confine 53 – Febbraio 2010

Parte 1

Se Dio vuole impedire il male ma non è in grado di farlo, non è onnipotente. Se è in grado di farlo ma non vuole, allora deve essere malvagio. Se non può e non vuole …… perché chiamarlo Dio?

Una caratteristica dominante emersa dalla lettura dell’Antico Testamento è la durezza del Dio di Israele. Un Dio che, secondo una mia personale interpretazione, si pone alla stregua di En.Lil, il Dio del Comando dei sumeri. Peculiarità caratteriali molto simili sono infatti riscontrabili tra i due "dèi ". Nel racconto mesopotamico dell’Epica di Gilgamesh, fu En.Lil. il Dio diluvio, un Dio però che nulla potè fare per evitare l’ evento catastrofico, in quanto "non dotato" di onnipotenza. Fu En.Lil. ad essere definito "Signore della Montagna" e fu En.Lil. ad essere considerato un dio dalle dure regole imposte agli uomini, e perciò temuto. Analogamente, nella Bibbia è ricorrente l’ira di Yahweh. Punizioni, maledizioni, stragi sono più volte compiute a danno del popolo d’Israele. Per non parlare di quei popoli letteralmente ridotti in cenere perché estranei alle leggi imposte col terrore dal "Dio degli eserciti". A conferma di tale durezza, la Bibbia è piena, zeppa di episodi duri e cruenti. Senza scendere nei particolari del periodo dei 40 anni del girovagare del popolo israelita nelle terre della penisola del Sinai o delle famose "Guerre di Yahweh ", basterà citare l’episodio che vede Abramo cacciare il figlio Ismaele e sua madre Agar con il beneplacito di Dio. Uomini come Giosuè, Davide, Salomone, ispirati dalle "guerre sante", sono stati protagonisti di eventi che a una attenta lettura biblica fanno accapponare la pelle. Nel racconto biblico, Yahweh o Geova interpreta molto bene il ruolo del Dio mesopotamico En.Lil., tanto che i due "Signori del Comando" assumono un aspetto antropomorfo , piuttosto che divino. E allora torna in mente un concetto epicureo, tratto dalla dottrina filosofica di Epicuro di Samo (n. 341 a.c.) : "Se Dio vuole impedire il male ma non è in grado di farlo, non è onnipotente. Se è in grado di farlo ma non vuole, allora deve essere malvagio. Se non può e non vuole...perché chiamarlo Dio?". Ma torniamo all’Unto del Signore. Tale definizione appartenente a Davide, re d’Israele, ci conduce finalmente a Gesù, il Messia, L’Unto, il Cristo. Congediamoci pertanto dai testi egizi e mesopotamici servendoci d’ ora in poi di testi "gnostici" tanto avversati dall’ortodossia cristiana di Roma. Le note che daranno seguito a questo articolo, sarà bene ribadirlo, sono il prodotto di una mia personale e controversa interpretazione dei testi quivi menzionati. Potrà apparire azzardata, sconcertante, sicuramente possibile di aggiustamenti, ma comunque essa è la risultanza di riflessioni di chi oggi ve la propone. A mio parere, Laurence Gardner da tempo cerca di dirci velatamente chi era Gesù, "Yehoshua Ben Yosef" in ebraico (Jeovah Salva, il figlio di Giuseppe). Nel farlo usa un metodo criptico che, se accettato dal mondo accademico, portererebbe a far riscrivere duemila anni di storia cristiana. E allora, chi era Gesù? Yehoshua Ben Yosef era il discendente diretto della "Casa del Dragone Messianico", per dirla in breve, un "Anunnako"!! Ritengo sia superfluo riprendere il filo conduttore che inevitabilmente ci riporterebbe sul binario "extraterrestre". Credo sia chiaro a questo punto il concetto. Se Gesù era un Anunnako, era anche figlio di un Dio anunnako. Dell’aspetto divino abbiamo già argomentato e quindi non ci resta che toccare l’ aspetto umano di quel grande mistico che fu Gesù. L’amico Ennio Piccaluga, con il quale dialoghiamo spesso sugli argomenti trattati su Area di confine, a volte si sofferma su alcuni passaggi evangelici. Nei Vangeli di Marco (15:34) e di Matteo (27/46) si afferma : "All’ora nona Gesù gridò con gran voce, dicendo : ‘Eloi, Eloi (o Eli), lamma sabactani?’ (mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?). A parere di Piccaluga i termini Eloi o Eli sarebbero stati confusi per difetto di pronuncia con “En.Lil.”. E’ un’ipotesi interessante ma, a mio parere, cozza con la ricostruzione di queste pagine, dove Gesù discenderebbe direttamente dal padre di Qayin, En.Ki. . Non dimentichiamo poi l’ altra possibile traduzione dell’ invocazione di Gesù riferita al profeta Elia. Nel Vangelo gnostico di Giuda, da qualche anno in circolazione, c’è un passaggio dove Gesù, rivolgendosi a Giuda, dice in sintesi: "Vedi Giuda, tu hai compreso bene chi è il mio vero Padre, ma gli altri undici apostoli pregano un Dio (Yahweh) che non è mio Padre" ("Il Vangelo di Giuda", a cura di R. Kasser-M. Meyer-G. Wurst, con un commento di B. D. Ehrman, National Geographic). A mio parere quindi, Gesù non era il figlio di Dio come ci è stato detto in questi due millenni. Quando Gesù invocava il "Padre", non si riferiva al "Padre di un unico figlio", ma al "Padre di tutti i suoi figli" e quindi di noi uomini tutti. Ci sarebbe poi un’altra possibile spiegazione, ma questa la lasciamo scoprire a voi, se vorrete ampliare le vostre conoscenze. Insomma, Gesù era un mistico, un grande filosofo, un uomo dotato di forte carisma, sicuramente un grande eroe positivo, ma non era il figlio di Dio come ci fu imposto da Saulo di Tarso, San Paolo. Gesù non ha mai detto di voler fondare una religione, una chiesa, che portassero il suo nome; mai ha detto di dover morire per sanare con il suo sangue il peccato di Adamo ed Eva, per ristabilire cioè l’alleanza fra Dio e gli uomini; non ha mai detto di essere nato da una vergine che lo aveva concepito per intervento di un dio; mai ha detto di essere unica e indistinta sostanza con suo padre, Dio in persona, e con una vaga entità immateriale denominata Spirito. Gesù non ha mai dato al battesimo un particolare valore; non ha istituito alcuna gerarchia ecclesiastica, finché fu in vita; mai ha parlato di precetti, norme, cariche, vestimenti, ordini di successione, liturgie, formule; mai ha pensato di creare una sterminata falange di santi. Non è stato lui a chiedere che alcuni testi, i Vangeli, riferissero i suoi discorsi e le sue azioni, né ha mai scritto alcunché, salvo poche parole vergate col dito nella polvere. Gesù era un Ebreo, e lo è rimasto sempre, sia quando (Matteo 5, 17) ha detto: "Non pensiate che io sia venuto ad abolire la Legge o i profeti; non sono venuto per abolire ma per dare compimento"; sia quando, sul punto ormai di spirare, ha pronunciato l’attacco straziante (Salmo 22): "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Corrado Augias-Remo Cacitti, "Inchiesta sul Cristianesimo", Mondadori). Il contesto storico nel quale Gesù fa la sua apparizione è segnato da disordini di ogni genere. Gli Ebrei attendevano un Messia (dall’ebraico Maisach, ungere), "l’Unto", che doveva finalmente liberare il popolo dall’ oppressione romana. Isaia, nel 735 a.C. così profetizzava: "Ascoltate ora, o casa di Davide…Ecco, una Vergine concepirà, e partorirà un Figlio, e chiamerà il suo nome Emmanuele" (Isaia 7: 13-14).